Fermati, osserva tutto e e accogli.
Guarda il cielo e guardando lascia che entri fino a riempirti.
 Fermati ancora, cosa provi?

Briciole di Cielo

Meditazione sesta:

umiltà custode delle virtù


Preparazione serale

Se l'edificio della perfezione spirituale si fonda su una superbia inconscia, è costruito sulla sabbia e il pericolo di rovina rimane costante. Se invece si basa su Dio, posso mettermi tranquillo per il passato, ma devo temere per il futuro, perché la superbia è capace di distruggere la costruzione più solida.

«Arricchirsi di virtù senza umiltà ‑ dice s. Girolamo ‑è come esporre polvere al vento». Quanta violenza di venti attorno a me, e in che pericolo si trovano i miei instabili propositi!

Sant'Antonio, spaventato da una visione che gli mostrava il mondo pieno di trabocchetti, esclamò: «Signore, come si può evitarli?». Una voce gli rispose: «Con l'umiltà».

Questa virtù è nello stesso tempo il fondamento e la custode delle altre virtù, perché fa di Dio il principio e il fine degli atti virtuosi, mentre la superbia se li attribuisce ingiustamente e rovina cosi l'intero edificio. Sono profondamente convinto di questa verità? Provo un senso di timore nel constatare che, pur non sentendomi chiaramente superbo, non sono neppure una persona umile?

L'umile sente continuamente il bisogno di Dio, della sua indulgenza e del suo aiuto. Alla vista della propria miseria e fragilità, si vede come un uomo che cammina con una ferita resa più dolorosa ad ogni movimento.

Per tendere ad una tale umiltà domani considererò:

  1. come l'umiltà è il sale che preserva dalla cor­ruzione;

  2. come essa è la luce che dissipa le illusioni.

 

I. L'umiltà è il sale che preserva dalla corruzione

San Girolamo scriveva ad una persona da lui diretta: «Non aver niente di più prezioso e di più a cuore dell'umiltà, perché è la principale conservatrice e custode di tutte le virtù». L'umiltà conserva e custodisce tutte le virtù, in quanto le difende dalla corruzione della superbia.

Più una virtù è grande, tanta più presa offre alla superbia. Qualunque bene si presta infatti alla propria vana compiacenza e all'applauso degli altri.

La vana compiacenza comincia l'opera di disgregazione. Come è dolce e come si fa ascoltare! Com'è fluttuante e sa ben mascherarsi! Come veleno mescolato a cibi sani, si insinua nella contentezza per la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Penetra nelle consolazioni sensibili e nelle elevazioni più sublimi.

Insensibilmente progredisce e compie stragi. La lentezza della sua azione addormenta la vigilanza, e in questo modo il veleno penetra nelle virtù più preziose.

L'opera di corruzione cominciata dalla vana compiacenza, viene portata a termine dal desiderio della stima e della lode. Il mormorio esterno di approvazione risuona tanto gradevole al di dentro. Certo, si è convinti che non ci si lascerà incantare; che contro volontà si subisce ciò che non si può evitare; che tutta la gloria la si riferisce a Dio. Eppure il compiacimento c'è, ed è profondo.

Sotto questo doppio influsso il male progredisce; non un atto passeggero casualmente viziato, ma tutta una serie di simili circostanze, e sarà ben presto l'insieme della nostra vita; tutta l'opera della perfezione verrà corrotta.

Per un certo tempo, l'edificio spirituale resta in piedi per la forza dell'abitudine, e anche per le esigenze dell'orgoglio stesso. Ma questa vita fittizia non potrà sostenersi a lungo. Tentazioni più forti, circostanze impreviste, dei nonnulla ne completeranno ben presto la rovina.

Chi potrà prevenire tanta disgrazia? L'umiltà. «La virtù ‑ dice s. Agostino ‑ non esiste che unita all'umiltà». Questa s'i diffonde nella vita spirituale come il sale gettato su di una sostanza che si vuole conservare; si oppone ad ogni fermentazione nociva; elimina le viste troppo personali e fissa in Dio intenzioni e godimenti.

Per ottenere un tale effetto, l'umiltà deve essere veramente una virtù, deve cioè agire con la facilità, la spontaneità e l’ inclinazione che solamente l'abitudine dona. Altrimenti, quante sorprese e che enorme fatica! Bisogna che la spinta dell'umiltà diventi tanto naturale quanto lo era quella della superbia.

 

II L'umiltà è la luce che dissipa le illusioni

Un detto comune, profondamente vero, dice che la superbia acceca, e i maestri di vita spirituale hanno cosi ben capito il ruolo inverso dell'umiltà che ne fanno il più sicuro criterio per il discernimento degli spiriti. Una certa virtù, è vera o falsa? Una certa orazione straordinaria, viene o no da Dio? Una certa visione ' è realtà o illusione? Il giudizio dipenderà dal convincimento preventivo sull'umiltà della persona che ne è favorita.

Questa regola va pure applicata alle virtù comuni. Devo richiamare alla mente gli accecamenti della superbia che ho riscontrato negli altri; devo temere gli apprezzamenti nei miei riguardi se non mi rivelano la mia piccolezza, dato che sono veramente ben piccolo, debole e miserabile.

Dio non giudica come noi. Coloro che mi ritengono persona progredita nella perfezione, non sanno quali sono state le mie ingratitudini e le mie colpe, e quali sono tuttora le mie deplorevoli miserie. Per mettermi e restare al mio vero posto, la mia umiltà deve essere illuminata, deve penetrare l'intelligenza, deve mostrarle senza sosta il mio nulla, la mia impotenza e i miei torti: in una parola, deve essere una virtù autentica.

Quant'è facile mutare, smarrirsi e finire nella tiepidezza! Si adattano i doveri alle proprie idee, e poi la vita ai propri gusti. Si dichiara santo quel che piace; ci si avventura in pericoli non imposti dal dovere; si scusano le proprie colpe e si tornano a commettere; non si avverte la necessità della preghiera; si vive per se stessi e senza rimorsi: ecco lo stato di tiepidezza che soffoca il gusto e la volontà della perfezione.

Se invece l'umiltà fosse attiva, tale decadimento sarebbe segnalato e bloccato, perché essa dà il senso del vero e l'istinto del bene. Se almeno adesso fossi preso da un profondo senso di sfiducia verso di me, la luce che mi invaderebbe sarebbe tanto viva che mi verrei a trovare nell'alternativa o del proposito di vincermi o della certezza di resistere alla grazia.

Niente falsifica la coscienza quanto l'influsso di una superbia ascoltata. Niente la mantiene retta e decisa quanto il sentimento dell'umiltà. Sotto la sua direzione l'anima, diffidando di sé, segue i metodi sicuri, chiede volentieri consiglio, teme le occasioni pericolose, prega incessantemente, impiega tutti i mezzi. Anche se possiede grandi virtù, non le guarda nemmeno; pur praticando il bene con sicurezza, intimamente è persuasa di essere debolissima. Le virtù hanno trovato cosi una perfetta custode.

Senza l'umiltà, al contrario, quante cadute e talvolta quali cadute! Le radici dell'albero erano marcite, i fondamenti dell'edificio si erano disgregati. La tempesta delle passioni o la forza violenta di circostanze difficili hanno sradicato l'albero e fatto crollare l'edificio. E l'albero non è stato piantato di nuovo, e i resti non sono stati riedificati; mentre li attorno certi peccatori, che si erano avvoltolati nel male, con la grazia divina hanno trovato nelle loro colpe l'umiltà che salva.

Che io non sia, o Dio, uno di quei superbi che tu abbassi, abbandonandoli ai loro vani sforzi e permettendo che cadano in modo deplorevole. Dammi la grazia di provare sempre un vivo senso di timore e di diffidenza di me stesso.

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